Di cosa parliamo veramente quando parliamo di femminismo? E soprattutto, quali pratiche e modelli, elaborati nel corso di una storia di oppressione, autocoscienza e resistenza, il genere maschile può imparare dal femminismo?
“Perché il femminismo serve anche agli uomini” di Lorenzo Gasparrini è un libro militante. Non è un ripasso di storia del femminismo o del sessismo interiorizzato, ma piuttosto un piccolo manuale pratico, ricco di spunti e di suggerimenti per rivedere, alla luce degli studi di genere, il ruolo sociale degli uomini in quanto uomini.
A partire da una estensione del concetto di patriarcato che include differenze di classe, etnia, area geografica ecc., Gasparrini porta avanti l’idea che questo sistema in cui siamo immersә garantisca sì dei privilegi, ma a pochi, molto pochi.
L’educazione dell’uomo in quanto uomo nella nostra società passa attraverso una forma di stilizzazione del genere e repressione di alcune componenti umane considerate non (o non abbastanza) virili, una forzatura in tutto simile a quella che subiscono le donne in quanto donne. La differenza? Che il genere maschile è il genere più invisibile di tutti. Quel linguaggio che usa “uomo” come sinonimo di “essere umano” contribuisce all’invisibilizzazione di problematiche di genere e all’impossibilità di aggregare i soggetti per creare una vera e propria coscienza di genere maschile, militante nel senso dell’impegno a liberarsi dell’oppressione patriarcale che nuoce sì, anche agli uomini.
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