Categories
crafting

L’epopea digitale di interstizi.xyz

Crafting n. 12 – Un viaggio etico-pratico per arrivare a sviluppare un modo diverso di stare online

20/08/2024
Collettivo Contesto

Benvenutə al crafting n.12!

Siamo il Collettivo Contesto e in questo crafting abbiamo deciso di raccontati una storia vera. O meglio, di farla raccontare direttamente al suo portagonista, Edoardo Faletti aka Interstizi.xyz

È una storia che ci sta a cuore per due motivi: innanzitutto perché dimostra che è possibile, e forse nemmeno così difficile, trovare delle alternative entro cui sentirsi a proprio agio, e questo è sempre bene ricordarselo. E in secondo luogo perché, come leggerai, nella storia che Edoardo ci ha raccontato abbiamo ritrovato l’eco di un’esperienza fondamentale per il giardino punk: quella della corrispondenza tra il lavoro creativo sul testo scritto e il lavoro tecnico sul codice, le idee e lo spazio (detto in tono semiserio, una versione digitale della corrispondenza tra mezzi e fini).

Come molte storie di alternative possibili, anche questa comincia con un senso di insoddisfazione, dal senso di poter avere di meglio e forse anche di dover pretendere di meglio. È dall’insofferenza verso le grandi piattaforme del Big Web (principalmente Facebook, Google e Amazon) che inizia l’esplorazione.


27/09/2022
Edoardo Faletti
Articolo originale

Antefatto: la ricerca dello spazio

Prima dell’acquisto di Interstizi avevo già cercato una mail gratuita che mi assicurasse maggiore privacy e più cura dei miei dati personali, così avevo aperto una casella grazie ad A/I autistici.org/inventati.org: un servizio di mail, blog, server che funziona molto bene, con una storia meravigliosa, degli obiettivi molto chiari e un manifesto antifascista, antirazzista e antisessista eccellente.

Purtroppo, per ragioni tecniche non era adatto a quello che volevo, così ho deciso di cercare altro, anche a costo di spendere qualche soldo. In questa ricerca, fondamentale è stato il sito Le Alternative, vero e proprio portale dedicato all’open source, al design decentralizzato e alla tutela della privacy, che presenta e spiega in modo più divulgativo tutta quella fetta di web spesso sconosciuta. Grazie alle notizie e alle loro schede tecniche ho conosciuto Infomaniak.

Interstizi.xyz

Infomaniak è un fornitore di servizi web svizzero, molto attento alla privacy degli utenti e con un impegno ambientale notevole: non usano sistemi di raffreddamento artificiali, ma prendono l’aria fredda montana per tenere i loro server a temperatura adeguata. Se ti aiuta – a me sì – puoi immaginarli come dei patelavache1 che, anziché il formaggio da stagionare, nel crutin2 mettono dei computer e degli hard disk affinché non raggiungano temperature troppo elevate. Forse ci tengono anche il formaggio, non lo so.

Infomaniak, essendo collocato in Svizzera, segue il Regolamento Europeo sulla Protezione dei Dati (GDPR) e questo è un bene perché non c’è differenza legislativa tra dove sta il proprietario dei dati e dove essi sono conservati. Oltre a un dominio web e un indirizzo mail interstizi.xyz, Infomaniak offre anche un’altra casella di posta ik.me e un insieme di strumenti: calendario, contatti, cloud, modifica documenti, invio massivo di contenuti digitali (SwissTransfer). Esiste, ma non l’ho mai provato, anche uno strumento per le videochiamate e le riunioni online.

Questa nuova suite ha consentito ai miei dati, mail e documenti finora conservati su server Google, di essere trasferiti e custoditi altrove, in un luogo più sicuro e attento alla privacy, meno soggetto a furti e gestito da un ente per niente propenso a usarli a fini commerciali.

Così ho iniziato la migrazione delle mail verso Infomaniak, mantenendo attivo l’account Gmail con l’inoltro automatico. Questo mi è servito per dismettere la casella Gmail e per cancellare manualmente le tante newsletter a cui ero iscritto, scegliendo solo quelle più interessanti da ribadire sulla nuova casella di posta.

GitLab per lo sviluppo di niente

Una volta ottenuto questo spazio, ho potuto creare il sito internet con GitLab Pages che permette di pubblicare pagine statiche. GitLab, per quanto ho inteso io, è uno strumento che permette agli sviluppatori di pubblicare e aggregare i file di codice, testarli e integrarli con altri pezzi altrui. La parte Pages serve agli smanettoni informatici per avere una presentazione online dei loro lavori e del loro profilo, ma per me che sono uno sviluppatore di niente, è servita semplicemente per creare una pagina personale dove mettere il cv e alcuni scritti che avevo sparsi.

La preferenza di un sito statico rispetto a uno dinamico segue diverse logiche: WordPress e altri CMS strutturati funzionano per i blog con una certa periodicità, che per me è troppo impegnativa da mantenere; ho preferito quindi un sito statico e meno sofisticato che non richiede un aggiornamento continuo. Infine, anche se non conoscevo i progetti su GitLab, ho usato questa metafora: come non sono un ciclista professionista ma uso lo stesso la bicicletta per muovermi, così non sono un programmatore, ma uso GitLab per presentarmi online.

Per avere un rimando delle visite al sito, ho aggiunto un contatore molto discreto, GoatCounter, open source e gratuito (con una piccola offerta). Certo, non mi dice quante volte un3 visitator3 è andat3 in bagno dopo due settimane che ha visto il sito, ma mi accontento.

I social e la “webdiversità”

Dopo aver dato una forma a Interstizi, ho riversato lì i miei contenuti chiudendo la maggior parte dei miei profili social – che in verità usavo principalmente come lurker, cioè osservatore non partecipante: Twitter, Medium e LinkedIn. Su Instagram avevo già riflettuto grazie al progetto di Filtri: collettivo di agitazione culturale.

Una piccola parentesi merita Instagram: fin da subito ha inteso il concetto di “filtro” nel modo peggiore, come se fosse un filtro magico e, se Harry Potter insegna qualcosa, è proprio che da rapporti così “filtrati” può nascere Voldemort. Il filtro, nel senso che mi è più caro, è qualcosa che serve a togliere il superfluo per arrivare al nocciolo, mentre su Instagram il filtro serve ad aggiungere superfluo per camuffare il nocciolo che evidentemente non reputiamo essere così interessante.

Facebook invece merita un discorso a parte: inizialmente non ho chiuso il profilo soprattutto per i contatti personali e gli eventi. Di molte persone “amiche” non ho un altro contatto diretto, di altre sì, ma è come non averlo, infine di altre ho il contatto su Facebook, ma non mi serve perché sono quelle più vicine che sento con più frequenza. “La forza dei legami deboli3, ovvero quelli più lontani di cui ho solo il contatto Facebook, è uno dei punti di forza di questo social network e uno dei motivi principali che ancora mi lega a esso. L’altra ragione, gli eventi, credo sia stata ormai sorpassata “dagli eventi” appunto: la pandemia ha azzerato ogni socialità per tanto, forse troppo, tempo; inoltre, è dura ammetterlo, sono invecchiato e la vita mondana “a caso” mi interessa sempre meno. Forse la pandemia, che come tutte le catastrofi ha un germe da acceleratore di processi, ha accelerato pure il mio invecchiamento.

Quindi è vero che sono legato a Facebook in modo sempre minore e cristallizzato, ma comunque non riesco ancora a eliminare il profilo, mi sono reso conto che l’ho interiorizzato molto più di quanto credessi. Dopo anni d’uso e anche abuso, lo scorrere delle notizie con il pollice, la ricerca del nuovo e delle notifiche, per quanto ridotte all’osso, sono diventati aspetti del modo di stare su internet. Quindi sì, ogni tanto guardo la timeline, ma non pubblico post da tanto.

Quello che desidero scrivere lo pubblico su Interstizi, con grande piacere e con una certa artigianalità legata al lavoro di scrittura tra testo e codice, tra contenuto e forma. Sembra una gran cavolata da dirsi, ma pensare allo stile della scrittura e trovarsi a cercare il codice html o css per rendere quello che si vuole dire come si ritiene che vada scritto, ha un peso non indifferente. Questo pensiero mi costringe a una domanda:

vale la pena scrivere quello che vuoi scrivere tenendo presente che è faticoso pubblicarlo e che il tuo spazio sul server non è infinito?

È un esercizio di scrematura, economia ed ecologia che Facebook e tutti gli altri social non permettono, anzi esigono un’ottica estrattivista che ci rende schiavi, spreconi di parole o immagini e attenzioni. C’è chi riesce a sostenere il peso di tutto quello che dice, legge e guarda, ma io no.

In questa chiave ecologica, Interstizi diventa allora un esempio di biodiversità o di “webdiversità” quasi da tutelare: è come costruire un orto, mantenere pulito un bosco, uno stagno o evitare di organizzare un mega evento-concerto sulle spiagge. Certo, esagero, ma il principio credo davvero sia lo stesso. Al di là della parte etica del rendere pubblici i propri pensieri, foto, fatti e dati, personalmente mi manca la quota sociale di interazione e condivisione online con gli altri. Magari è per questo che apprezzo tanto gli svizzeri delle montagne che mettono i server e il formaggio a stagionare insieme.

Il Fediverso

La ricerca di una condivisione mi ha avvicinato a un altro mondo, il Fediverso, un ambiente di social network federati, simili a quelli già esistenti, ma decentralizzati, attenti alla privacy, senza pubblicità né algoritmi poco trasparenti. Da circa un mese ho un profilo Mastodon nell’istanza mastodon.uno. È un po’ come Twitter, e come su Twitter per la maggior parte dei post che leggo, ronza in testa sempre la domanda: ma che mi interessa di questo?

A conti fatti…

Quindi, in questo anno, come è cambiata la mia vita? Non saprei dirlo e forse la domanda è esagerata: di sicuro leggo più newsletter e seguo su Telegram molti canali che prima non avevo mai intercettato. Ho ancora la mail Gmail e il profilo Facebook dormienti che potrei chiudere domani, soprattutto dopo le elezioni del 25 settembre. L’account WhatsApp resta purtroppo ancora indispensabile, però passo le giornate senza interazioni personali con i sistemi Google: da giugno ho un telefono Android, pagato intorno ai 360 euro, senza Google Play Service, non uso più quel motore di ricerca né YouTube né Maps, né altri servizi collegati. Vivo cercando lo stesso informazioni e strade che non conosco, ascoltando musica senza nemmeno un account Spotify, senza pubblicità né traccianti online grazie al browser Brave. Soprattutto ho imparato a valutare la qualità dei diversi servizi offerti e riesco a scegliere di donare soldi veri a chi ritengo se li meriti in cambio di qualche pezzo di formaggio.


28/09/2022

Ho condiviso questo articolo con Le Alternative che lo ha rilanciato su Mastodon dove un utente mi ha segnalato che l’indirizzo IP di Interstizi.xyz poveniva da server Google. Ho capito solo in quel momento che questo errore “stupido”, git vuol dire proprio questo, era dovuto all’utilizzo di GitLab Pages; così ho trasferito tutto su Codeberg.org che ha i propri server in Germania. Di predicare bene e razzolare male non mi andava.

12/2023

Da mesi ho chiuso il profilo Facebook finalmente. Ho poi effettuato una migrazione di account Mastodon e sono passato all’istanza Livello Segreto, ma, in tutta onestà, non ho trovato molti cambiamenti. La novità più interessante è stata riscoprire gli RSS, un’antica tecnologia degli albori di Internet che sembra ritrovare splendore in quest’ultimo periodo. Questo articolo su giardino punk spiega di che cosa si tratta e a questo link potete abbonarvi al Feed di Interstizi usando un lettore come per esempio CommaFeed, tanto se tutto va bene vi arriva un articolo all’anno.


Note

1 “Patelavache” si pronuncia così come si scrive ed è una parola piemontese che nasce dall’unione di due termini: patela, che significa colpo, percossa e vache cioè vacche, mucche. Indica quindi la persona che colpisce, picchia, le mucche, in pratica un margaro non troppo gentile. Anche se comunemente ha una connotazione dispregiativa con significato di “rozzo, violento”, personalmente lo uso in maniera neutra, anzi quasi amichevole.

2 Sempre dal piemontese il “crutin” è una piccola crota, cantina: nelle baite in montagna solitamente sta al piano terreno di fianco alla stalla o sotto, ricavato e scavato nella roccia come una grotta.

3 Questo è il titolo del secondo capitolo di Nexus (2003), Mark Buchanan, Oscar Mondadori, 2011. – In origine è il titolo di un articolo di Mark Granovetter (NdCC)

Crafting

/ˈkrɑːf.tɪŋ/ – noun. The activity of skilfully creating something such as a story. Examples:
  • So much care went into the crafting of the narrative.
  • She saves fabric scraps and old buttons and uses them for crafting.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *