La rivoluzione della cura // Marco Bersani

🌍 Il problema da cui partiamo è la narrazione del presente. Quelle che vengono chiamate “crisi” (il Covid, il cambiamento climatico, i conflitti geopolitici…) sono raccontate come singoli accidenti sconnessi tra loro. Ci è impossibile in questo modo ricostruire un frame generale dentro cui collocare questi avvenimenti, e ci è impossibile elaborare strategie politiche efficaci per evitare che alcune situazioni si verifichino.

Il problema, detto in altre parole, è un una retorica che ci sottrae comprensione e agentività, assoggettandoci sempre di più a un bisogno e a una prassi di delega continua nei confronti di chi prenderà le decisioni al posto nostro.

🌍 Il percorso per la comprensione è complesso e spesso porta con sé il sentimento dell’angoscia. Tutti quei tasselli, quelle “crisi”, occorre iniziare a vederli come fatti emergenti di una narrazione più ampia e potenzialmente tragica di cui tutt3 siamo attric3.

Tutt3 partecipiamo a un sistema che ha messo al centro l’economia, e ha prodotto un concatenarsi di problemi di cui nessun3 si è mai assunt3 la responsabilità. Ora, seguendo il monito di Ivan Illich, abbiamo bisogno di «individuare i mezzi che si sono tramutati in fini». Così è l’economia nel capitalismo.

🌍 La soluzione, o perlomeno una delle vie da attuare insieme, è riprendersi la responsabilità per le società in cui viviamo, la responsabilità delle nostre relazioni, incluse quelle mediate dallo scambio economico. È tornare, in un certo senso, all’essenziale della cura, del soddisfacimento dei nostri bisogni a partire dal riconoscimento della nostra vulnerabilità e reciproca interdipendenza. Non solo riconoscere come lavoro il lavoro di cura, ma accettare che la cura è l’unico “lavoro” che ha senso fare. Pensarsi e strutturarsi individualmente e collettivamente, come soggetti che partecipano ai rapporti di cura prima e molto più che alle relazioni economiche.