Elementi di Ecologia politica Pt. 2.1: una nota metodologica

02/12/2024
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In questa breve nota faccio un’aggiunta un po’ nerd alla seconda parte dei nostri Elementi di Ecologia Politica – se non l’hai letta, recuperati perché i biocarburanti ci uccideranno tuttɜ (o comunque non ci piacciono).


In un commento al libro Cemento arma di costruzione di massa abbiamo parlato del fatto che nessuna tecnologia crea da sola un certo effetto (in quel caso la professionalizzazione dell’architettura e la perdita della costruzione vernacolare legate al calcestruzzo). Quell’effetto si crea nell’incontro tra una certa visione del mondo – che è anche un progetto politico – e una tecnologia che rende possibile metterla in pratica: in due parole, non è il cemento che crea il brutalismo, ma è chi desidera quel tipo di architettura che sceglie di usare il cemento.

Lo stesso ragionamento si può applicare ai biocarburanti. Se certamente sono una soluzione discutibile, se non fallimentare, ai problemi ambientali, la decisione con cui vengono proposti (non tanto effettivamente usati, come abbiamo detto) ci indica che essi rispondo a qualche necessità di chi li propone. Questa in prima analisi sembrerebbe essere una mera questione di profitto o, politicamente, di offrire qualcosa che si possa raccontare come una soluzione.

Ma questo non basta – e qui passiamo negli aspetti più strettamente di ecologia politica: puntare così tanto sui biocarburanti non è solo una questione di poca lungimiranza, ma è un modo per rispondere alle crisi date dal cambiamento climatico.

L’affermazione sembra contradditoria se non paradossale: non abbiamo appena detto che i biocarburanti sono fallimentari nell’affrontare i problemi delle emissioni e che anzi rendono ancora più gravi alcuni dei problemi legati al collasso ecologico?

Premessa: il danno ambientale e l’economia

Per spiegare la contraddizione è necessaria una premessa, che riguarda se e come il collasso ecologico/crisi climatica sia una caratteristica intrinseca del nostro attuale modello di sviluppo. Nel precedente articolo abbiamo spiegato come la riduzione delle emissioni sia necessariamente una questione politica, in quanto riguarda la distribuzione della ricchezza, e quindi del potere decisionale, nelle nostre società – questo discorso è importante, ma non ci spiega perché le emissioni che vogliamo ridurre siano così alte. In altri termini, non ci spiega perché il nostro modello di consumo è sempre legato, in modo più o meno diretto, al danneggiare gli ecosistemi.

Dato il carattere globalizzato della nostra economia, potremmo attribuire l’elevato danno ambientale che vediamo alla grande scala delle nostre azioni. Ma questo suppone implicitamente che l’inquinamento sia una conseguenza necessaria di ogni organizzazione economica, o in altri termini di ogni azione umana organizzata: se agiamo molto, se le nostre economie crescono, danneggiamo molto gli ecosistemi. Insomma, oggi il nostro problema sarebbe solo quantitativo e non qualitativo.

Eppure se allarghiamo il nostro sguardo ad animali non umani, o a esseri umani che non partecipano alle nostre forme di produzione e consumo, non vediamo questa stessa dinamica: gli esseri viventi fanno parte degli ecosistemi e le loro azioni sono parte di quello che chiamiamo “natura”. Sulla divisione umano/natura e sulle sue implicazioni torneremo in un prossimo articolo, ma è fondamentale tenere a mente che l’azione verso un “esterno” sotto forma di un impatto negativo è una condizione particolare della nostra economia, non una condizione necessaria.

Se un sistema economico “danneggia l’ambiente”, questa conseguenza è parte quel sistema, è il modo in cui il sistema funziona; non possiamo slegare semplicemente il capitalismo dal collasso ecologico che causa, ma dobbiamo interpretare questa condizione come strutturale al capitalismo stesso.

Fine premessa, ecco la tesi

La premessa implicita ma necessaria a spiegare come i biocarburanti rispondono alla crisi climatica è quindi metodologica, e suona più o meno così: di fronte a una crisi ambientale che minaccia di interrompere un’economia basata sullo sfruttamento degli ecosistemi, quell’economia si riorganizza in modo da mantenere lo sfruttamento o da espanderlo in aree non ancora compromesse. Nel nostro caso l’economia è capitalista e uno strumento di questa riorganizzazione sono proprio i biocarburanti.

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