Se conosci il giardino punk, sai che unə dellə autricə da cui si pesca spesso e a piene mani è Paul B. Preciado. Unə intellettuale che, pur non facendone completamente parte, ha una comprensione profondissima delle attuali lotte di quel Movimento disomogeneo che per brevità riassumo in transfemminismo ecologista anticapitalista (ma che, attraverso gli anni, sembra dialogare volentieri col compianto movimento no-global).
Di recente è stato tradotto e pubblicato da Internazionale un intervento di Preciado al festival Sherocco di Ostuni, dal titolo Le ragioni per essere ottimistз (7 dicembre 2022). Un discorso prima e un articolo dopo che, come spesso i testi di Preciado, parla da e a un livello molto umano, emotivo quasi senza pudore, e in ogni caso lontano dal rigore teorico e dall’analisi sociologica. La sua riflessione a latere di una rivoluzione in corso inizia e termina con un ben poco intellettuale: “Amicз miз, sono pienǝ di gioia“.
Il punto di partenza è una semplice urgenza. La crisi climatica è alle porte. Da decenni è additata da gran parte della scienza come la più probabile causa dell’estinzione della nostra specie (per non parlare delle ripercussioni su altri ecosistemi).
La radice ambientale di questa crisi climatica non sono né le automobili né un generico spreco di risorse da parte dell’industria estrattiva. La causa è il modello di consumo capitalista, basato sulla produzione e appunto sul consumo, sulla creazione di mercati sempre più ampi come estensione e come densità, per trarre profitto da ogni aspetto della vita e reinvestirlo poi in nuova e più ampia produzione destinata al consumo e al profitto e così via.
Per alimentare il modello capitalista ci siamo avvalsȝ di forme intensive di sfruttamento degli ambienti e dei viventi, della violenza colonizzatrice al fine di acquisire nuova materia e aprire nuovi mercati, e infine (per ora) di una società ordinata in funzione di produzione e consumo, che su produzione e consumo (cioè lavoro e acquisto) ha edificato un concetto di norma intrinsecamente escludente di tutte le esperienze di margine, da quelle delle persone colonizzate, disabili, povere, non riproduttive, fino all’esperienza della norma che hanno fatto le donne femministe, combattendo per guadagnarsi l’accesso al lavoro e dunque al mercato e dunque in certa parte alla libertà e alla cittadinanza in quello spazio pubblico che è ormai perlopiù economico e per nulla politico.
La libertà libertaria rivendicata da quellȝ che Preciado vede per le strade non è la libertà dell’anarco-capitalismo di stampo statunitense: una libertà di agire in qualsiasi modo all’interno del mercato, senza vincoli etici o di altro tipo. Moltissimo è stato lasciato fuori considerando il mercato come unico possibile campo di esistenza dell’umano, pensando la prevaricazione fisica ed economica come unico meccanismo alla base nostri rapporti.
Lȝ libertariȝ, insieme a questo nuovo movimento senza nome, contestano questa idea così pervasiva e così sbagliata su noi stessȝ (ma così sbagliata che perfino nell’anarco-capitalismo dispiegato la famiglia sussiste ed è fondamentale, pur essendo la forma sociale di condivisione materiale e affettiva per eccellenza). No, il libertarismo è la libertà di agire al di fuori del mercato, di costruire sistemi di valori diversi da quello economico, sistemi di valori che ci permettano di ricominciare a scrivere la storia della nostra esistenza su questo pianeta, lȝ unȝ accanto allȝ altrȝ e alle creature non umane, perché vada in una direzione diversa da quella che ha imboccato.
Sotto lo sguardo affettuoso di Preciado, i corpi in rivolta stanno chiedendo il futuro, ma non uno qualsiasi. La verità è che la crisi climatica ci ha solo fornito una ragione in più per essere anticapitalistȝ e rivendicarlo per le strade.
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