«Questa lentezza è una novità storica. L’Apocalisse, nelle sue accezioni religiose e laiche, è sempre apparsa sotto forma di un lampo accecante, un’improvvisa intercessione della potenza divina o tecnologica. Non esiste uno schema mitico per decifrare la mutazione attuale della fine dei tempi. Non sappiamo come concepirla, come darle la forma del mito o della storia, e così incancrenisce e dilaga, una malattia circolatoria culturale.»
Chi si prepara alla fine del mondo costruendo bunker e immaginando società neotribali con mille implicazioni; chi invece sceglie di andare a colonizzare Marte. Quello che sappiamo è che l’Apocalisse ci sarà, e che molto probabilmente sarà opera della nostra specie.
In questo reportage O’Hagan rincorre il pensiero della sopravvivenza, l’alternativa, va alla ricerca di una possibilità aperta per sopperire al senso di colpa nei confronti dei suoi figli, da poco venuti al mondo e ancora ignari che questo mondo potrebbe essere molto diverso da quello che dovranno abitare.
«Questo libro è sull’idea dell’Apocalisse, ma anche sulla realtà dell’angoscia. In questo senso, il contenuto di queste pagine è metafora di una condizione psicologica. Riflette una crisi intima e lo sforzo di superarla. Ho girato il mondo perché mi interessava il mondo, ma mi interessava il mondo perché ero preoccupato per me stesso.»
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