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5|6 di Alexandre Laumonier sono due saggi molto godibili, pieni di informazioni, e con una particolarità molto interessante. L’uno, infatti, è apparentemente l’antitesi dell’altro.
6 racconta l’ascesa del trading ad alta frequenza – ovvero la compravendita di azioni tramite sistemi informatici e algoritmi a ritmi di milionesimi di secondo – e la morte di quello tradizionale, delle urla, dei segni e delle personalità che animavano i pit di Wall Street, Chicago, Parigi ecc. La lotta, spesso con sistemi non esattamente legali, di pionieri digitali desiderosi di guadagno e di cancellare l’inefficienza e l’ingiustizia della cultura dei “completi su misura”. A questa cultura succede però la mancanza totale di comprensione di sistemi ormai molto al di là delle nostre limitate capacità intellettive, un’era di rivolta delle macchine che vanno ben oltre le intenzioni degli umani che le hanno create. Non per niente a dirci tutto questo è proprio un algoritmo, Sniper.
5, al contrario, sembra negare che i computer abbiamo cambiato davvero qualcosa. Ci parla dei pit (costruiti per fare fronte al volume assordante delle urla dei trader e al calore dei loro corpi sudati), del linguaggio dei segni (necessario una volta che anche i pit erano diventati insufficienti al loro scopo), del telegrafo, della compravendita non più di merce ma della proprietà di quella merce, per finire poi a scommettere sul suo valore di mercato. La strada dell’alta frequenza, la corsa folle che adesso si scontra con la velocità della luce nel vuoto, è iniziata quando si è aperto il primo Exchange.
Quello che secondo me lega i due saggi non è quindi l’emergere di qualcosa di nuovo, di una perversione per la velocità o di una minaccia algoritmica. Li lega invece la costante di una dimensione fortemente umana, delle storie e delle inclinazioni di queste persone apparentemente votate al solo guadagno, al calcolo e alla massimizzazione. Un’umanità che, anche negli ambienti tossici della finanza, riemerge costantemente, fosse solo nel dare nomi e personalità a degli algoritmi come lo stesso Sniper.
In un qualsiasi momento dell’evoluzione descritta da Laumonier si sarebbe potuto riconoscere e valorizzare quell’aspetto umano – decidere che la velocità era sufficiente, i flussi di dati abbastanza grandi.
Ma questo avrebbe fermato il progresso, il profitto, l’accelerazione. Avrebbe dato un attimo di respiro per confrontarsi col senso di quello che si sta facendo. Di fronte a quel baratro, meglio fare finta che non c’è davvero una scelta, che l’economia è qualcosa al di fuori di noi, e che possiamo solo assecondare la sua corsa folle o essere lasciat3 indietro.
Per andare sul sicuro, meglio utilizzare tutti i mezzi tecnici disponibili per eliminare il più possibile l’umano, affogarlo nei terabyte di dati prodotti ogni ora e sperare che con lui se ne vada l’annoso problema del senso.
Posto, ovviamente, che lo si possa fare.
05/01/2021 • Mycena
La rivolta delle macchine è iniziata a Wall Street. Il mercato, le borse, i prezzi, tutte quelle cose squisitamente umane (forse troppo umane?) sono state le prime a cadere nelle mani degli algoritmi, mani che si muovono nell’ordine di grandezza dei microsecondi, con movimenti oscuri e incomprensibili, dinamiche che superano in complessità qualsiasi modello. Come è potuto succedere?
Alexandre Laumonier lo fa raccontare da un algoritmo di nome Sniper. È così che ripercorriamo la strada che ha portato dai completi su misura di Princeton ai cavi in fibra ottica posati sul fondo dell’oceano per sfiorare la velocità della luce. È la storia di uomini geniali e di uomini coraggiosi, di uomini scorretti e di altri che, nonostante tutto, pensano ancora di poter mantenere il controllo. È una storia di futuro che è già presente.
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